metodo aba

Cos'è l'autismo

È un disturbo del neuro-sviluppo. I dati prodotti dalla ricerca, ad oggi, non evidenziano una causa certa, le ipotesi più accreditate sono di origine genetica. Secondo il Dsm 5 vi sono tre livelli di gravità (grave, medio , lieve). I Criteri diagnostici da soddisfare per poter far diagnosi di Autismo sono: deficit socio-comunicativo e comportamenti ripetitivi con interessi ristretti; la gravità è determinata dal livello cognitivo, dalla comparsa o meno del linguaggio, dalla compromissione del gioco simbolico e attenzione congiunta.

Quali sono i campanelli d'allarme?

Di quale assenza il genitore dovrebbe preoccuparsi? E’ importante ricordarsi dei due criteri diagnostici per fare diagnosi di autismo:

  • Deficit socio-comunicativo (quindi difficoltà nel comunicare, e nel socializzare);
  • Messa in anno di comportamenti ripetitivi, ed interessi ristretti, che mirano soprattutto alla sfera sensoriale.

Quindi in termini pratici, possiamo riscontrare delle difficoltà nel linguaggio, o l’assenza di quest’ultimo (il primo che spesso viene colto, anche se non è distintivo dell’autismo), difficoltà nella comprensione, l’assenza di una componente non verbale del linguaggio, ossia tutti quei gesti e pantomime che solitamente accompagnano il linguaggio parlato. Compromessa abbiamo detta è anche la sfera sociale, quindi potremmo riscontrare anomalie nell’attenzione congiunta e nel gioco simbolico.

Per attenzione congiunta, si intende la capacità di un bambino di spostare la sua attenzione tra un oggetto, un evento e verso un’altra persona. Tre partecipanti sono coinvolti in questa “triade” dell’attenzione – il bambino, l’adulto e l’oggetto / evento; c’è attenzione reciproca, entrambe i soggetti partecipano attivamente e capiscono che entrambi stanno prestando attenzione alla stessa cosa. Questo è ciò che costituisce il principio di “condivisione” nel attenzione congiunta. L’attenzione congiunta è una competenza sociale, cioè il modo in cui un bambino interagisce con altre persone. Questo significa che la comunicazione inizia con l’attenzione e l’impegno condiviso. Quando un bambino non si accorge che voi state cercando di coinvolgerlo di giocare con voi, non vi è una vera interazione condivisa. I bambini piccoli devono interagire regolarmente con altre persone prima di iniziare ad ascoltare le loro parole. Nel corso del tempo con l’ascolto costante e partecipando a quello che si dice, imparano a capire e collegano il significato delle parole.

Quali sono i segnali che indicano difficoltà dell’attenzione congiunta?

  • Rispondere in modo incoerente agli adulti (sia le parole, i gesti e le vostre azioni)
  • Tendono ad evitare gli altri o ignorare ciò che viene detto loro.
  • Non rispondono al proprio nome
  • Le cose devono essere seguire una routine propria
  • Non sono interessanti a stimoli esterni
  • Gli adulti devono insistere molto per poter ottenere e mantenere l’attenzione di questo bambino.
  • Usano modi sempre immaturi per ottenere l’attenzione da parte degli altri. Ad esempio, un bambino di 12 mesi può agitarsi o piangere quando qualcosa non va, senza fare dei tentativi per dire o mostrare quello che è successo.
  • Non c e contatto oculare;

E questo è davvero l’elemento cardine, infatti sembra essere la caratteristica più distinguibile del disturbo; e poi ancora assenza o ritardo del gioco di immaginazione, persistenza nel gioco senso motorio, e o ripetitivo, ed infine i comportamenti ripetitivi, le cosiddette stereotipie, ossia comportamenti afinalistici, ripetitivi e non funzionali. Ovviamente sappiano che non esistono due bimbi con una sintomatologia identica, si parla di spettro, proprio perchè il disturbo può manifestarsi con una grande varietà di sintomi. Ma questi in linea generale dovrebbero essere presenti, altrimenti non si può fare diagnosi.

Qual è il passo successivo? Valutazione e diagnosi

La diagnosi di un disturbo dello spettro autistico (ASD) è basata su criteri esclusivamente comportamentali quali compromissioni e carenze nell’area della comunicazione e dell’interazione sociale e attività e interessi ristretti e ripetitivi. Il processo diagnostico deve basarsi su una valutazione completa, includendo, oltre agli strumenti testistici, l’osservazione diretta del comportamento del bambino e un approfondito colloquio con i genitori e auspicabilmente con altre figure di riferimento, come gli insegnanti, per discutere dello sviluppo generale del bambino, dei problemi che riscontrano quotidianamente e di eventuali sintomi collegati ai disturbi dello spettro autistico. La valutazione dovrebbe tendere alla stesura del profilo multidimensionale del bambino permettendo di evidenziarne non solo le criticità, ma anche le potenzialità che diverranno la base sulla quale costruire il progetto terapeutico-riabilitativo.

Per la diagnosi di autismo non esistono indagini di laboratorio, test diagnostici o di screening prenatali, che possono confermare tale diagnosi.

Vengono utilizzati dagli specialisti due differenti tipi di test:

  • Test preliminari o di screening, utili ad una prima individuazione dei segnali tipici dell’autismo ma non abbastanza strutturati per una diagnosi;
  • Test diagnostici. Se da un primo screening risulta che il bambino potrebbe essere affetto da un disturbo dello spettro autistico, deve essere sottoposto a una valutazione completa realizzata da professionisti esperti.
Quali strumenti per la diagnosi?

A livello sanitario nazionale i più utilizzati sembrano essere l’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS-2) e l’Autism Diagnostic Interview, Revised (ADI-R).

L’ADOS è considerato il gold standard (o standard di riferimento) ovvero il test diagnostico più accurato per confermare la presenza di un ASD.

Permette la diagnosi di autismo attraverso l’osservazione dei comportamenti sociali e della comunicazione e valuta quasi tutti i soggetti con sospetto di autismo, dai bambini che non parlano agli adulti senza disturbi nella verbalizzazione.

È articolato in quattro moduli e il soggetto viene valutato attraverso un solo modulo a seconda della sua età cronologica e dello sviluppo linguistico.

L’ADI-R, progettata per essere usata in combinazione con ADOS, è un’intervista destinata a genitori e caregiver di bambini e adulti con sospetto di autismo con una età mentale superiore ai 2 anni.

Permette di ottenere una gamma completa di informazioni per la diagnosi di autismo focalizzandosi sull’osservazione sistematica e standardizzata di comportamenti riferiti principalmente alle tre aree coinvolte in un disturbo autistico: Linguaggio e comunicazione, Interazione sociale reciproca e Comportamenti stereotipati e interessi ristretti.

L’ADI-R risulta molto utile per formulare una diagnosi formale, riferita all’intera anamnesi dello sviluppo del soggetto, per una stima complessiva della gravità della patologia e per pianificare una terapia o un progetto educativo sulla base delle rilevazioni effettuate.

Un altro test per l’autismo ampiamente utilizzato è il Childhood Autism Rating Scale (CARS). Si tratta di una scala che identifica soggetti con disturbo dello spettro autistico a partire dai 2 anni di età che si basa sull’osservazione diretta del comportamento e dei parametri di frequenza, intensità, particolarità e durata che lo caratterizzano. È suddivisa in 15 item relativi alle principali aree comportamentali, a ciascuno dei quali va assegnato in base alla gravità un punteggio.

A livello sanitario nazionale i più utilizzati sembrano essere l’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS-2) e l’Autism Diagnostic Interview, Revised (ADI-R). L’ADOS è considerato il gold standard (o standard di riferimento) ovvero il test diagnostico più accurato per confermare la presenza di un ASD. Permette la diagnosi di autismo attraverso l’osservazione dei comportamenti sociali e della comunicazione e valuta quasi tutti i soggetti con sospetto di autismo, dai bambini che non parlano agli adulti senza disturbi nella verbalizzazione. È articolato in quattro moduli e il soggetto viene valutato attraverso un solo modulo a seconda della sua età cronologica e dello sviluppo linguistico.

L’ADI-R, progettata per essere usata in combinazione con ADOS, è un’intervista destinata a genitori e caregiver di bambini e adulti con sospetto di autismo con una età mentale superiore ai 2 anni.

Permette di ottenere una gamma completa di informazioni per la diagnosi di autismo focalizzandosi sull’osservazione sistematica e standardizzata di comportamenti riferiti principalmente alle tre aree coinvolte in un disturbo autistico: Linguaggio e comunicazione, Interazione sociale reciproca e Comportamenti stereotipati e interessi ristretti. L’ADI-R risulta molto utile per formulare una diagnosi formale, riferita all’intera anamnesi dello sviluppo del soggetto, per una stima complessiva della gravità della patologia e per pianificare una terapia o un progetto educativo sulla base delle rilevazioni effettuate. Un altro test per l’autismo ampiamente utilizzato è il Childhood Autism Rating Scale (CARS). Si tratta di una scala che identifica soggetti con disturbo dello spettro autistico a partire dai 2 anni di età che si basa sull’osservazione diretta del comportamento e dei parametri di frequenza, intensità, particolarità e durata che lo caratterizzano. È suddivisa in 15 item relativi alle principali aree comportamentali, a ciascuno dei quali va assegnato in base alla gravità un punteggio.

Un altro strumento utile a indirizzare le decisioni diagnostiche, la progettazione del trattamento e il monitoraggio continuo della risposta all’intervento sono le Autism Spectrum Rating Scales (ASRS) che misurano i sintomi, i comportamenti e le caratteristiche associati ai disturbi dello spettro autistico (ASD), nei bambini e negli adolescenti dai 2 ai 18 anni di età, in base a informazioni fornite da genitori e insegnanti. Le ASRS includono item relativi al Disturbo Autistico, al Disturbo di Asperger e al Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato.

Valutazione funzionale

Cos’è e a cosa serve

La valutazione funzionale ha lo scopo di identificare le abilità e le potenzialità di un individuo in funzione alla pianificazione di un programma educativo individualizzato. II termine “funzionale” si riferisce sia alla filosofia di fondo utilizzata nella costruzione delle prove (detta “ecologica” per la concreta spendibilità nella vita quotidiana delle abilità prese in considerazione), sia alla possibilità di utilizzo delle prove stesse per la costruzione del programma di intervento. Gli obiettivi della valutazione funzionale riguardano dunque la possibilità di comprendere le abilità e gli stili di apprendimento peculiari per sviluppare un programma educativo individualizzato e più adattato possibile. La valutazione funzionale tende a fornire ai genitori e agli educatori informazioni precise riguardo alla persona valutata, a dare supporto emozionale e un aiuto concreto, ovvero suggerimenti pratici in merito a “ciò che si può fare” sotto il profilo psico-educativo.

Uno strumento estremamente utile, in tal senso, sono le VB MAPP. Questo strumento, rivolto a bambini con autismo o disturbo generalizzato dello sviluppo da 0 a 48 mesi di età, permette l’assessment delle tappe evolutive fondamentali del comportamento verbale e la programmazione degli interventi attraverso la valutazione di 170 tappe evolutive fondamentali di sviluppo del linguaggio e delle abilità sociali. Il VB MAPP è sia uno strumento che fornisce una panoramica esaustiva delle competenze verbali di un bambino rispetto ai suoi coetanei, sia risulta particolarmente utile poiché rende possibile la stesura di un progetto educativo individualizzato realizzato sulla base dei punti di forza e di debolezza dimostrati dal singolo bambino e basato sull’applicazione delle procedure d’insegnamento derivate dall’Analisi Applicata del Comportamento (ABA), che si è rivelata particolarmente efficace nell’intervento e trattamento di bambini con ASD.

Quale trattamento risulta più efficace?

Attualmente il trattamento che risulta più efficace nell’ambito dell’autismo è l’intervento psicoeducativo comportamentale.

Il trattamento precoce, quando viene attivato in tutti gli ambienti del piccolo, può ridurre notevolmente i sintomi dell’autismo e aumentare le possibilità del bambino di imparare nuove abilità, migliorando la qualità della vita, propria e degli adulti significativi.

Nel 2011 è stata pubblicata in Italia la linea guida 21 dell’Istituto Superiore di Sanità, sul trattamento per l’autismo. Tale linea guida, che ha analizzato solo le ricerche sperimentali basate sull’evidenza, ha formulato le seguenti raccomandazioni.

 

Programmi di intervento comportamentali (ABA)

 

Tra i programmi intensivi comportamentali il modello più studiato è l’analisi comportamentale applicata (ABA).

L’Analisi del Comportamento Applicata:

 

  • È una scienza che mira al cambiamento di comportamenti socialmente significativi, attraverso la manipolazione degli eventi ambientali (causa e conseguenza del comportamento);
  • Incrementa repertori comportamentali socialmente significativi, riducendo e sostituendo quelli problematici attraverso tecniche di modificazione del comportamento validate scientificamente;
  • Utilizza il principio del rinforzo, per aumentare la motivazione all’apprendimento. Gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità cognitive, il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l’utilizzo del modello ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico.

Secondo il parere degli esperti i professionisti dovrebbero essere a conoscenza del fatto che alcuni comportamenti disfunzionali possono essere causati da una sottostante carenza di abilità, per cui rappresentano una strategia del soggetto per far fronte alle proprie difficoltà individuali e all’ambiente.

Altri interventi: Parent training

I programmi di intervento mediati dai genitori (parent training) sono raccomandati nei bambini e negli adolescenti con disturbo dello spettro autistico, poiché possono migliorare la comunicazione sociale e i comportamenti-problema, aiutare le famiglie ad interagire con i loro figli, promuovere lo sviluppo e l’incremento della soddisfazione dei genitori, del loro empowerment e benessere emotivo. Quindi gli incontri con uno psicologo, sono importanti in tutte le fasi di tale disturbo. Gli incontri sono importanti per la gestione del carico emotivo, per l’accettazione, per la comprensione di tutto quello che ci sta capitando e a come gestirlo.

ACCETTARE non significa non provare più dolore o rabbia, ma riuscire a integrare la diagnosi con il sistema familiare, con la progettualità futura e con i propri vissuti personali. Quello che conta è che i genitori riescano a vedere anche le potenzialità del bambino, non solo le difficoltà ed i problemi, le prospettive di miglioramento e a mantenere la speranza che nel tempo ci siano strumenti sempre più efficaci di aiuto. La necessità di agire direttamente sulle figure parentali per favorire lo sviluppo del bambino disabile, prende le mosse sin dall’inizio degli anni 70, soprattutto nei paese anglosassoni. Questo perche ci si era resi conto che, quando tutto andava bene. Ossia quando i programmi educativi venivano attuati correttamente, il soggetto imparava rapidamente le abilità che gli venivano insegnate. Ma al momento della verifica, ossia quando venivano trasferite nel proprio ambiente, vi era una rapida scomparsa delle abilità cosi faticosamente ottenute. Questo accadeva perche le condizioni dell’ambiente naturale erano diverse rispetto a quelle dell apprendimento.

QUINDI NEL PARENT TRAINING i genitori vengono coinvolti in attività sia formative, che informative, che hanno la finalità di trasmettere al genitore le competenze specifiche per poter fronteggiare le problematiche che si presentano. Spesso possono essere di aiuto non soltanto dei colloqui per mettere in evidenza particolare problematiche, ma scendere sul campo, cercare insieme al genitore di valutare la problematica e trovare delle soluzioni, e guidarli nell’attuazione di un progetto. Un altro buon lavoro è creare dei gruppi di genitori, di autoaiuto, dove dato un problema si discute insieme sulle ipotetiche soluzioni.

 

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aba

Cos'è l'autismo

È un disturbo del neuro-sviluppo. I dati prodotti dalla ricerca, ad oggi, non evidenziano una causa certa, le ipotesi più accreditate sono di origine genetica. Secondo il Dsm 5 vi sono tre livelli di gravità (grave, medio , lieve). I Criteri diagnostici da soddisfare per poter far diagnosi di Autismo sono: deficit socio-comunicativo e comportamenti ripetitivi con interessi ristretti; la gravità è determinata dal livello cognitivo, dalla comparsa o meno del linguaggio, dalla compromissione del gioco simbolico e attenzione congiunta.

Quali sono i campanelli d'allarme?

Di quale assenza il genitore dovrebbe preoccuparsi? E’ importante ricordarsi dei due criteri diagnostici per fare diagnosi di autismo:

  • Deficit socio-comunicativo (quindi difficoltà nel comunicare, e nel socializzare);
  • Messa in anno di comportamenti ripetitivi, ed interessi ristretti, che mirano soprattutto alla sfera sensoriale.

Quindi in termini pratici, possiamo riscontrare delle difficoltà nel linguaggio, o l’assenza di quest’ultimo (il primo che spesso viene colto, anche se non è distintivo dell’autismo), difficoltà nella comprensione, l’assenza di una componente non verbale del linguaggio, ossia tutti quei gesti e pantomime che solitamente accompagnano il linguaggio parlato. Compromessa abbiamo detta è anche la sfera sociale, quindi potremmo riscontrare anomalie nell’attenzione congiunta e nel gioco simbolico.

Per attenzione congiunta, si intende la capacità di un bambino di spostare la sua attenzione tra un oggetto, un evento e verso un’altra persona. Tre partecipanti sono coinvolti in questa “triade” dell’attenzione – il bambino, l’adulto e l’oggetto / evento; c’è attenzione reciproca, entrambe i soggetti partecipano attivamente e capiscono che entrambi stanno prestando attenzione alla stessa cosa. Questo è ciò che costituisce il principio di “condivisione” nel attenzione congiunta. L’attenzione congiunta è una competenza sociale, cioè il modo in cui un bambino interagisce con altre persone. Questo significa che la comunicazione inizia con l’attenzione e l’impegno condiviso. Quando un bambino non si accorge che voi state cercando di coinvolgerlo di giocare con voi, non vi è una vera interazione condivisa. I bambini piccoli devono interagire regolarmente con altre persone prima di iniziare ad ascoltare le loro parole. Nel corso del tempo con l’ascolto costante e partecipando a quello che si dice, imparano a capire e collegano il significato delle parole.

Quali sono i segnali che indicano difficoltà dell’attenzione congiunta?

  • Rispondere in modo incoerente agli adulti (sia le parole, i gesti e le vostre azioni)
  • Tendono ad evitare gli altri o ignorare ciò che viene detto loro.
  • Non rispondono al proprio nome
  • Le cose devono essere seguire una routine propria
  • Non sono interessanti a stimoli esterni
  • Gli adulti devono insistere molto per poter ottenere e mantenere l’attenzione di questo bambino.
  • Usano modi sempre immaturi per ottenere l’attenzione da parte degli altri. Ad esempio, un bambino di 12 mesi può agitarsi o piangere quando qualcosa non va, senza fare dei tentativi per dire o mostrare quello che è successo.
  • Non c e contatto oculare;

E questo è davvero l’elemento cardine, infatti sembra essere la caratteristica più distinguibile del disturbo; e poi ancora assenza o ritardo del gioco di immaginazione, persistenza nel gioco senso motorio, e o ripetitivo, ed infine i comportamenti ripetitivi, le cosiddette stereotipie, ossia comportamenti afinalistici, ripetitivi e non funzionali. Ovviamente sappiano che non esistono due bimbi con una sintomatologia identica, si parla di spettro, proprio perchè il disturbo può manifestarsi con una grande varietà di sintomi. Ma questi in linea generale dovrebbero essere presenti, altrimenti non si può fare diagnosi.

Qual è il passo successivo? Valutazione e diagnosi

La diagnosi di un disturbo dello spettro autistico (ASD) è basata su criteri esclusivamente comportamentali quali compromissioni e carenze nell’area della comunicazione e dell’interazione sociale e attività e interessi ristretti e ripetitivi. Il processo diagnostico deve basarsi su una valutazione completa, includendo, oltre agli strumenti testistici, l’osservazione diretta del comportamento del bambino e un approfondito colloquio con i genitori e auspicabilmente con altre figure di riferimento, come gli insegnanti, per discutere dello sviluppo generale del bambino, dei problemi che riscontrano quotidianamente e di eventuali sintomi collegati ai disturbi dello spettro autistico. La valutazione dovrebbe tendere alla stesura del profilo multidimensionale del bambino permettendo di evidenziarne non solo le criticità, ma anche le potenzialità che diverranno la base sulla quale costruire il progetto terapeutico-riabilitativo.

Per la diagnosi di autismo non esistono indagini di laboratorio, test diagnostici o di screening prenatali, che possono confermare tale diagnosi.

Vengono utilizzati dagli specialisti due differenti tipi di test:

  • Test preliminari o di screening, utili ad una prima individuazione dei segnali tipici dell’autismo ma non abbastanza strutturati per una diagnosi;
  • Test diagnostici. Se da un primo screening risulta che il bambino potrebbe essere affetto da un disturbo dello spettro autistico, deve essere sottoposto a una valutazione completa realizzata da professionisti esperti.
Quali strumenti per la diagnosi?

A livello sanitario nazionale i più utilizzati sembrano essere l’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS-2) e l’Autism Diagnostic Interview, Revised (ADI-R).

L’ADOS è considerato il gold standard (o standard di riferimento) ovvero il test diagnostico più accurato per confermare la presenza di un ASD.

Permette la diagnosi di autismo attraverso l’osservazione dei comportamenti sociali e della comunicazione e valuta quasi tutti i soggetti con sospetto di autismo, dai bambini che non parlano agli adulti senza disturbi nella verbalizzazione.

È articolato in quattro moduli e il soggetto viene valutato attraverso un solo modulo a seconda della sua età cronologica e dello sviluppo linguistico.

L’ADI-R, progettata per essere usata in combinazione con ADOS, è un’intervista destinata a genitori e caregiver di bambini e adulti con sospetto di autismo con una età mentale superiore ai 2 anni.

Permette di ottenere una gamma completa di informazioni per la diagnosi di autismo focalizzandosi sull’osservazione sistematica e standardizzata di comportamenti riferiti principalmente alle tre aree coinvolte in un disturbo autistico: Linguaggio e comunicazione, Interazione sociale reciproca e Comportamenti stereotipati e interessi ristretti.

L’ADI-R risulta molto utile per formulare una diagnosi formale, riferita all’intera anamnesi dello sviluppo del soggetto, per una stima complessiva della gravità della patologia e per pianificare una terapia o un progetto educativo sulla base delle rilevazioni effettuate.

Un altro test per l’autismo ampiamente utilizzato è il Childhood Autism Rating Scale (CARS). Si tratta di una scala che identifica soggetti con disturbo dello spettro autistico a partire dai 2 anni di età che si basa sull’osservazione diretta del comportamento e dei parametri di frequenza, intensità, particolarità e durata che lo caratterizzano. È suddivisa in 15 item relativi alle principali aree comportamentali, a ciascuno dei quali va assegnato in base alla gravità un punteggio.

A livello sanitario nazionale i più utilizzati sembrano essere l’Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS-2) e l’Autism Diagnostic Interview, Revised (ADI-R). L’ADOS è considerato il gold standard (o standard di riferimento) ovvero il test diagnostico più accurato per confermare la presenza di un ASD. Permette la diagnosi di autismo attraverso l’osservazione dei comportamenti sociali e della comunicazione e valuta quasi tutti i soggetti con sospetto di autismo, dai bambini che non parlano agli adulti senza disturbi nella verbalizzazione. È articolato in quattro moduli e il soggetto viene valutato attraverso un solo modulo a seconda della sua età cronologica e dello sviluppo linguistico.

L’ADI-R, progettata per essere usata in combinazione con ADOS, è un’intervista destinata a genitori e caregiver di bambini e adulti con sospetto di autismo con una età mentale superiore ai 2 anni.

Permette di ottenere una gamma completa di informazioni per la diagnosi di autismo focalizzandosi sull’osservazione sistematica e standardizzata di comportamenti riferiti principalmente alle tre aree coinvolte in un disturbo autistico: Linguaggio e comunicazione, Interazione sociale reciproca e Comportamenti stereotipati e interessi ristretti. L’ADI-R risulta molto utile per formulare una diagnosi formale, riferita all’intera anamnesi dello sviluppo del soggetto, per una stima complessiva della gravità della patologia e per pianificare una terapia o un progetto educativo sulla base delle rilevazioni effettuate. Un altro test per l’autismo ampiamente utilizzato è il Childhood Autism Rating Scale (CARS). Si tratta di una scala che identifica soggetti con disturbo dello spettro autistico a partire dai 2 anni di età che si basa sull’osservazione diretta del comportamento e dei parametri di frequenza, intensità, particolarità e durata che lo caratterizzano. È suddivisa in 15 item relativi alle principali aree comportamentali, a ciascuno dei quali va assegnato in base alla gravità un punteggio.

Un altro strumento utile a indirizzare le decisioni diagnostiche, la progettazione del trattamento e il monitoraggio continuo della risposta all’intervento sono le Autism Spectrum Rating Scales (ASRS) che misurano i sintomi, i comportamenti e le caratteristiche associati ai disturbi dello spettro autistico (ASD), nei bambini e negli adolescenti dai 2 ai 18 anni di età, in base a informazioni fornite da genitori e insegnanti. Le ASRS includono item relativi al Disturbo Autistico, al Disturbo di Asperger e al Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato.

Valutazione funzionale

Cos’è e a cosa serve

La valutazione funzionale ha lo scopo di identificare le abilità e le potenzialità di un individuo in funzione alla pianificazione di un programma educativo individualizzato. II termine “funzionale” si riferisce sia alla filosofia di fondo utilizzata nella costruzione delle prove (detta “ecologica” per la concreta spendibilità nella vita quotidiana delle abilità prese in considerazione), sia alla possibilità di utilizzo delle prove stesse per la costruzione del programma di intervento. Gli obiettivi della valutazione funzionale riguardano dunque la possibilità di comprendere le abilità e gli stili di apprendimento peculiari per sviluppare un programma educativo individualizzato e più adattato possibile. La valutazione funzionale tende a fornire ai genitori e agli educatori informazioni precise riguardo alla persona valutata, a dare supporto emozionale e un aiuto concreto, ovvero suggerimenti pratici in merito a “ciò che si può fare” sotto il profilo psico-educativo.

Uno strumento estremamente utile, in tal senso, sono le VB MAPP. Questo strumento, rivolto a bambini con autismo o disturbo generalizzato dello sviluppo da 0 a 48 mesi di età, permette l’assessment delle tappe evolutive fondamentali del comportamento verbale e la programmazione degli interventi attraverso la valutazione di 170 tappe evolutive fondamentali di sviluppo del linguaggio e delle abilità sociali. Il VB MAPP è sia uno strumento che fornisce una panoramica esaustiva delle competenze verbali di un bambino rispetto ai suoi coetanei, sia risulta particolarmente utile poiché rende possibile la stesura di un progetto educativo individualizzato realizzato sulla base dei punti di forza e di debolezza dimostrati dal singolo bambino e basato sull’applicazione delle procedure d’insegnamento derivate dall’Analisi Applicata del Comportamento (ABA), che si è rivelata particolarmente efficace nell’intervento e trattamento di bambini con ASD.

Quale trattamento risulta più efficace?

Attualmente il trattamento che risulta più efficace nell’ambito dell’autismo è l’intervento psicoeducativo comportamentale.

Il trattamento precoce, quando viene attivato in tutti gli ambienti del piccolo, può ridurre notevolmente i sintomi dell’autismo e aumentare le possibilità del bambino di imparare nuove abilità, migliorando la qualità della vita, propria e degli adulti significativi.

Nel 2011 è stata pubblicata in Italia la linea guida 21 dell’Istituto Superiore di Sanità, sul trattamento per l’autismo. Tale linea guida, che ha analizzato solo le ricerche sperimentali basate sull’evidenza, ha formulato le seguenti raccomandazioni.

Programmi di intervento comportamentali (ABA)

Tra i programmi intensivi comportamentali il modello più studiato è l’analisi comportamentale applicata (ABA).

L’Analisi del Comportamento Applicata:

  • È una scienza che mira al cambiamento di comportamenti socialmente significativi, attraverso la manipolazione degli eventi ambientali (causa e conseguenza del comportamento);
  • Incrementa repertori comportamentali socialmente significativi, riducendo e sostituendo quelli problematici attraverso tecniche di modificazione del comportamento validate scientificamente;
  • Utilizza il principio del rinforzo, per aumentare la motivazione all’apprendimento. Gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità cognitive, il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l’utilizzo del modello ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico.

Secondo il parere degli esperti i professionisti dovrebbero essere a conoscenza del fatto che alcuni comportamenti disfunzionali possono essere causati da una sottostante carenza di abilità, per cui rappresentano una strategia del soggetto per far fronte alle proprie difficoltà individuali e all’ambiente.

Altri interventi: Parent training

I programmi di intervento mediati dai genitori (parent training) sono raccomandati nei bambini e negli adolescenti con disturbo dello spettro autistico, poiché possono migliorare la comunicazione sociale e i comportamenti-problema, aiutare le famiglie ad interagire con i loro figli, promuovere lo sviluppo e l’incremento della soddisfazione dei genitori, del loro empowerment e benessere emotivo. Quindi gli incontri con uno psicologo, sono importanti in tutte le fasi di tale disturbo. Gli incontri sono importanti per la gestione del carico emotivo, per l’accettazione, per la comprensione di tutto quello che ci sta capitando e a come gestirlo.

ACCETTARE non significa non provare più dolore o rabbia, ma riuscire a integrare la diagnosi con il sistema familiare, con la progettualità futura e con i propri vissuti personali. Quello che conta è che i genitori riescano a vedere anche le potenzialità del bambino, non solo le difficoltà ed i problemi, le prospettive di miglioramento e a mantenere la speranza che nel tempo ci siano strumenti sempre più efficaci di aiuto. La necessità di agire direttamente sulle figure parentali per favorire lo sviluppo del bambino disabile, prende le mosse sin dall’inizio degli anni 70, soprattutto nei paese anglosassoni. Questo perche ci si era resi conto che, quando tutto andava bene. Ossia quando i programmi educativi venivano attuati correttamente, il soggetto imparava rapidamente le abilità che gli venivano insegnate. Ma al momento della verifica, ossia quando venivano trasferite nel proprio ambiente, vi era una rapida scomparsa delle abilità cosi faticosamente ottenute. Questo accadeva perche le condizioni dell’ambiente naturale erano diverse rispetto a quelle dell apprendimento.

QUINDI NEL PARENT TRAINING i genitori vengono coinvolti in attività sia formative, che informative, che hanno la finalità di trasmettere al genitore le competenze specifiche per poter fronteggiare le problematiche che si presentano. Spesso possono essere di aiuto non soltanto dei colloqui per mettere in evidenza particolare problematiche, ma scendere sul campo, cercare insieme al genitore di valutare la problematica e trovare delle soluzioni, e guidarli nell’attuazione di un progetto. Un altro buon lavoro è creare dei gruppi di genitori, di autoaiuto, dove dato un problema si discute insieme sulle ipotetiche soluzioni.

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