Come allungare la vita delle protesi dell’anca

Prolungare la “vita” delle protesi dell’anca e ridurre il rischio di infiammazione attraverso l’utilizzo di biomateriali avanzati.
È l’obiettivo del progetto EVPRO – Extracellular Vesicles Promoted Regenerative Osseointegration, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020, di cui il Politecnico di Torino è partner.
A livello europeo il numero di protesi d’anca impiantate è costantemente aumentato negli ultimi dieci anni, in particolare in Austria e Germania con l’impianto di 300 protesi ogni 100 mila abitanti; in parallelo, però, sono cresciuti anche i casi di infiammazione all’interfaccia tra osso e impianto, con il conseguente allentamento della protesi.
Il progetto EVPRO vede il lavoro sinergico di undici partner, nove università e centri di ricerca e tre partner del settore privato con aziende leader nel settore biomedicale – Lonza Netherlands B.V., Meotec GmbH & Co. KG, Stryker B.V.- provenienti da quattro paesi diversi – Germania, Italia, Paesi Bassi, Irlanda – finalizzato a preservare la mobilità dei pazienti anziani, migliorarne la qualità di vita e il benessere, diminuendo i problemi associati all’impianto di protesi articolari e il numero e la frequenza dei successivi trattamenti medici. Il progetto propone infatti l’impiego di rivestimenti bioattivi che, adattati sulla protesi, siano in grado di controllare l’eventuale infiammazione tra la protesi e il tessuto circostante, per permettere una migliore integrazione dell’impianto, riducendo così le complicazioni e promuovendo la rigenerazione ossea. Si tratta di un nuovo biomateriale biodegradabile, bioistruttivo e nano-funzionalizzato, caricato con vescicole extracellulari, incorporato sulla superficie microporosa e nano-ruvida delle protesi.
Il Politecnico di Torino coordinerà la fase della caratterizzazione preclinica, i cui esiti sono decisivi al fine della trasferibilità in clinica delle tecnologie sviluppate, dei prototipi sviluppati nell’ambito del progetto, in termini di citocompatibilità in vitro e potenzialità antiinfiammatoria.
Inoltre, in accordo con il principio delle 3R – Replacement, Reduction, Refinement – il gruppo del Politecnico sarà anche responsabile dello sviluppo di un nuovo modello bioingegnerizzato – fabbricato con tecniche di bioprinting – del tessuto osseo che permetta di testare in vitro i dispositivi sviluppati nell’ambito del progetto, consentendo uno screening preliminare e una valutazione funzionale dei prototipi che verranno in ultimo testati in vivo, ma riducendo e mirando maggiormente quest’ultima fase di sperimentazione.
“Si tratta di una ricerca oltremodo stimolante, sia perché finanziata da bandi europei ormai estremamente competitivi, sia per il suo potenziale impatto sulla salute umana, in cui implementeremo le competenze acquisite in questi anni dal gruppo di ricerca di Materiali per le Bionanotecnologie e del Biomedical Lab”, dichiarano Gianluca Ciardelli e Valeria Chiono, responsabili del progetto per l’Ateneo.
Un prodotto biomedicale che, a lungo termine, dovrebbe diminuire il numero di interventi chirurgici di revisione degli impianti, con un impatto positivo sia sui tempi di ospedalizzazione sia sui costi. Una nuova tecnologia sviluppata che verrà destinata alla vendita e, successivamente, potrebbe essere applicata anche alle protesi di ginocchio primarie e secondarie, oppure a connettori come viti o chiodi – endomidollari o dentali – e medicazioni per il trattamento delle ferite croniche o di gravi ustioni.

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