Zampa d’oca, come trattarla in modo efficace

La zampa d’oca anatomicamente corrisponde al tendine congiunto di tre muscoli della coscia quali il muscolo gracile, il muscolo sartorio e il muscolo semitendinoso. Questi tre muscoli lavorano principalmente nella flessione del ginocchio, ma hanno anche un ruolo nella rotazione interna della tibia proteggendo il ginocchio dai traumi in valgismo. Il generico termine di tendinopatia include diverse condizioni (tendiniti, tendinosi, peritendinite, peritenonite etc.) in cui si osservano alterazioni funzionali e strutturali dei tendini, caratterizzati da una componente degenerativa del tessuto cui si può sommare una componente infiammatoria. La tendinopatia della zampa d’oca è determinata difatti da un sovraccarico meccanico legato a microtraumi ripetuti delle strutture tendinee e/o della borsa mucosa, frapposta tra queste, e il condilo tibiale, a causa del ripetuto sfregamento contro il condilo mediale del femore.

A tal proposito, si può anche adoperare la definizione di tendinobursite della zampa d’oca per il frequente coinvolgimento della borsa sierosa.

EPIDEMIOLOGIA DELLA ZAMPA D’OCA Statisticamente le donne in età avanzata sono maggiormente colpite degli uomini: non è inconsueto l’interessamento bilaterale delle ginocchia. Fattori anatomici possono aumentare il contributo degli stress meccanici: ginocchia valghe o tendenti al valgismo, in associazione o meno ad instabilità del ginocchio, sono un noto fattore di rischio così come un sovraccarico di tali strutture può essere determinato per vicariare l’insufficienza di muscoli come il quadricipite femorale. Anche il diabete, il sovrappeso e l’osteartrosi sembrano essere fattori predisponenti. Configurandosi, come detto, al pari di altre tendinopatie per un meccanismo di overuse, possono essere frequentemente colpiti gli atleti professionisti o amatoriali in particolar modo corridori, specie di lunghe distanze come i maratoneti, i ciclisti e i nuotatori. In letteratura sono descritti rari casi pediatrici secondari ad osteocondromi della tibia.

MANIFESTAZIONI CLINICHE e DIAGNOSI DIFFERENZIALI Si manifesta con dolore al lato interno e posteriore del ginocchio che può irradiarsi anche alla coscia e al gluteo. Il dolore determina una limitazione funzionale insorgendo in particolare nel salire e scendere le scale, nel piegarsi sulle ginocchia, nella corsa o nell’alzarsi dalla posizione seduta con difficoltà, ad esempio per entrare/uscire dalla macchina. Caratteristica patognomica è la presenza di dolore notturno con frequente rigidità mattutina al risveglio. Obiettivamente si possono evidenziare gonfiore, ematomi, segni di panniculite e dolorabilità alla palpazione in corrispondenza dell’inserzione dei tendini della zampa d’oca circa due-tre dita al di sotto della rima articolare del ginocchio sul lato tibiale. Questa condizione può entrare in diagnosi differenziale con altre cause responsabili di dolore nella regione mediale del ginocchio: lesioni del legamento collaterale mediale; borsite del legamento collaterale mediale (borsite di Voshell); borsite del semimembranoso; cisti di Baker; cisti iuxtaarticolari del ginocchio; lesioni del menisco mediale; fratture prossimali della tibia. Oltre a questi quadri clinici di natura ortopedica può simulare una tendinopatia della zampa d’oca la sindrome da intrappolamento del nervo otturatorio. La componente sensitiva di tale nervo si distribuisce alla cute della regione infero-mediale della coscia manifestandosi in tali zone con dolore vivissimo (segno di Romberg-Hawship).

DIAGNOSI La diagnosi della tendinopatia della zampa d’oca è essenzialmente clinica; spesso non si riscontra correlazione tra quadro clinico e strumentale. L’ecografia può oggettivare alterazioni morfologiche a carico dei tendini e della borsa sierosa, oltre che adoperabile come guida per eventuali terapie percutanee minimamente invasive. Il contributo dell’imaging (radiografia, risonanza magnetica, TAC) risulta importante per escludere patologie associate ed eventuali cause secondarie.

TRATTAMENTO Il riposo, con la sospensione delle attività potenzialmente responsabili, è spesso determinante nel ridurre la sintomatologia algica: può essere consigliato anche di alleviare il carico utilizzando le stampelle. Tra le misure non farmacologiche può essere utile anche l’applicazione di ghiaccio, l’uso di fasce o ginocchiere elastiche e il kinesiotaping. La terapia farmacologica può essere in prima istanza topica con creme o cerotti a base di FANS, corticosteroidi o lidocaina con il razionale di utilizzare farmaci per via sistemica in seconda battuta e per brevi periodi dati i noti effetti avversi. Tali farmaci possono essere inoculati, a livello della zona coinvolta, anche con la tecnica della mesoterapia. Tra le terapie fisiche trovano indicazione la terapia con laser, la ionoforesi e onde d’urto. Utile è il ricorso, per la risoluzione del quadro infiammatorio e doloroso, a procedure interventistiche come la terapia iniettiva peritendinea o intrabursale, con eventuale guida ecografica, solitamente consistente in infiltrazioni di corticosteroidi. Per favorire la riparazione tendinea possono essere utilizzate procedure ecoguidate come il dry-needling, iniezione intratendinea di concentrati piastrinici meglio conosciuto come PRP, e la proloterapia. La fisioterapia trova maggiore indicazione dopo la risoluzione del quadro clinico, al fine di prevenire le recidive, mirando soprattutto all’allungamento e al rinforzo delle catene muscolari interessate con ripresa graduale dei carichi di allenamento.

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